Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/7

4 EURIPIDE


Il secondo conteneva le ultime funeste predizioni di Medea allo sposo traditore.

medea

Ed infine, anche tu morrai per misero
destino, a un laccio con la gola appesa.
Pei maleficî tuoi, tale castigo
t’attende, esempio a mille e mille effimeri,
che piú dei Numi non presuman gli uomini.

Il terzo, infine, è un monologo, vero fratello minore di quello, famosissimo, d’Euripide. Parla Medea, irresoluta, prima dell’orribile scempio.

medea

Anima, dunque, che farai? Consigliati
bene, pria di fallir, pria che dell’odio
tuo faccia segno ciò che piú t’è caro.
A che trascorri, misera? L’audacia
troppa rattieni e l’esecrata forza.
E perché mai cosí mi lagno, l’anima
mia soletta vedendo, e trascurata
dall’uom che meno lo dovrebbe? Fiacca
sono io fatta cosí dal mal ch’io soffro?
Nelle sciagure non tradir te stessa,
anima mia. Ahimè, tutto è deciso.
Dagli occhi miei lontano andate, o figli,
ché di sangue una furia invade già
l’anima mia. Mani, mie mani, a quale
orrore ci apprestiamo! Ahimè tapina!
Quale audacia è la mia! Solo in un attimo
del mio lungo travaglio il frutto io struggo.