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la fama ch’essi d’indolenza avranno,
dai cittadini loro ostile invidia
riscoteranno: ché se nuovi esprimi
fini concetti al vulgo, un perditempo,
e non un dotto sembrerai. Se poi
migliore sembrerai di quanti han fama
di saper vario, in uggia ai cittadini
verrai. Tale destino anch’io partecipo.
D’invidia a questi, d’acrimonia a quelli,
la mia scïenza è obbietto; eppure, è piccola
scïenza; e tu paventi adesso, ch’abbia
a patire da me qualche gran male.
Ma non temermi: ch’io non son, Creonte,
in tale stato che i sovrani insidii.
Tu, che torto m’hai fatto? A chi ti disse
l’animo, hai data la tua figlia. Il mio
sposo aborrisco, sí; ma d’uom di senno
la tua condotta fu; né se a te prosperi
volgon gli eventi, invidia io te ne porto.
Celebrate le nozze, e a voi sorrida
felicità. Ma vivere lasciatemi
in questa terra. Io cederò, sebbene
soverchiata, ai piú forti; e tacerò.

creonte

Dici parole a udir blande; ma nutro
terror che in seno qualche insidia macchini.
Perciò, di te mi fido adesso meno
di prima. Vuoi da un uom, vuoi da una femmina
súbiti all’ira, puoi guardarti meglio
che da un muto rancore. Orsú, partite
al piú presto; e non far troppi discorsi.