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LE FENICIE 305


la lancia qui volgea; ma pronto l’altro
l'occhio abbassava ai fori dello scudo,
e vano usciva della lancia il colpo.
E piú dei due che combatteano, molli
erano di sudor quei che miravano,
per terror degli amici. Ed ecco, Etèocle
in un sasso inciampò, che sotto il piede
gli era venuto, ed una gamba espose
fuor dello scudo. E Poliníce, visto
un punto da ferire offerto al ferro,
vibrò la lancia, e attraversò la tibia
colla cuspide argiva; e un alalà
tosto levò dei Dànai l’esercito.
E a questo punto della lotta, Etèocle,
ferito già, vedendo ignudo l’omero
di Poliníce, contro il petto a lui
vibrò la lancia, e riempì di gioia
tutti i Cadmèi. Ma l’asta si spezzò
presso alla punta; e quando ei ne fu privo,
un gran macigno prese, e l’avventò,
e la lancia al fratello a mezzo franse.
Pari d’arme cosí furono, quando
scorsa a entrambi di mano era la lancia.
E, delle spade l’else allor ghermite,
ed uomo ad uomo stretto, e scudo a scudo,
combattevano; ed alto era il frastuono.
E una tessala finta immaginò
Etèocle allora, e l’esegui — fra i Tèssali
l’aveva appresa — . Il corpo svincolò
da quella stretta, il pie’ manco ritrasse,
e, riparando ben del ventre il cavo,
si spinse avanti al destro lato, e il ferro

Euripide - Tragedie, 11-20