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LE FENICIE 295


senza mutar colore. E si facevano,
chi di qua, chi di là presso, gli amici,
l’incoravan coi detti, e li esortavano.
«O Poliníce, a te levar la statua
di Giove per trofeo, d’illustre fama
Argo coprire». E a Etèocle: «Or tu combatti
per la tua patria; e vincerai, lo scettro
regio conquisterai». Cosí dicevano,
eccitandoli a guerra. E gl’indovini
sgozzavano le vittime, osservavano
le cime delle fiamme, e quando bifide
lingueggiavano, e quando serpeggiavano
sinistramente, e, vòlti a meta duplice
e di vittoria e di sconfitta, gli àpici.
Or via, se mezzo alcuno hai, se parole
sagge, o d’incanti allettamenti, muovi,
trattieni i figli dall’orrida gara,
che orrendo è tal cimento, ed il pericolo
è grande: assai tu piangerai, se priva
resterai d’ambi i figli in un sol giorno.
Parte.

giocasta

Esci di casa, o mia figliuola, o Antigone.
Non a carole, né a virginee cure
il destino per te volge dei Dèmoni;
ma due prodi campioni e tuoi fratelli
che traboccano a morte, impedir devi,
con la tua madre, che l’un l’altro uccidano.