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LE FENICIE 243


E un mio saggio consiglio offrirti io bramo.
Quando un amico, di rancore acceso
contro l’amico, insiem con lui si trova,
gli occhi negli occhi suoi figge, pensare
deve a ciò solo per cui venne, e nulla
piú ricordare delle offese antiche.
O mio figliuolo, o Poliníce, parla
per primo tu. L’esercito dei Dànai
tu guidi qui, perché, dici, sei vittima
d’un’ingiustizia. Or, qualche Nume giudice
sia della lite, e ponga fine ai mali.

polinice

Son della verità semplici i detti:
necessità di chiose e d’artifizi
non ha giustizia: ha la sua forza in sé:
l’ingiusta causa, invece, insito ha il morbo,
ed ha bisogno di sottili farmachi.
Della casa paterna, io, per me stesso
e per costui, provvidi al bene: io volli
da noi stornare il mal ch’Edípo un giorno
imprecato ne avea: per questo, uscíi
concedendo a costui che per un anno
la città governasse, in guisa ch’io
a mia volta l’impero indi ne avessi,
senza lotta né strage, e senza danni,
come avviene, patire, e senza infliggerne.
E questi, i patti accolse, e giuramento
fece ai Celesti; ed or, nulla mantiene
delle promesse, ed il comando ei solo
tiene, e la mia parte dei beni. E adesso