s’accordaron insiem, che Poliníce
andasse prima in volontario esilio,
ch’era il minore, e che lo scettro Etèocle
reggesse intanto, e rimanesse in Tebe,
mutando anno per anno. Or, poi che quegli
sedé sul banco del comando, il trono
cedere piú non volle, ed in esilio
Poliníce scacciò lungi da Tebe.
E quegli, ad Argo venne, in parentado
con Adrasto s’uní, raccolse un grande
esercito d’Argivi, e qui l’adduce.
E giunto è già presso le mura, presso
le sette porte, ed il paterno scettro
chiede, e la sua parte di beni. Ed io,
per troncare la lite, ambi convinti
feci, che, data sicurtà, s’incontrino,
col fratello il fratel, prima che giungano
alla prova dell’armi. E dice il messo
ch’io lí mandai, ch’egli stesso verrà.
Signore Giove, o tu ch’abiti i lucidi
seni del cielo, salvaci: concedi
che s’accordino i miei figli. Se saggio
tu sei, non devi consentir che sempre
sull’uomo stesso le sciagure incombano.
Giocasta esce.