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ALCESTI 187


con le cavalle tracie io qui non rieda.
E se sciagura me cogliesse — ma
tornerò, tornerò — te ne fo dono,
ché ancella sia nella tua casa. — Duro
travaglio fu, l’averla in queste mani.
Genti rinvenni che una gara pubblica,
ben degna di cimento, avean proposta
per gli atleti. E di lí vengo io, recando
questo trofeo. Cavalli erano premio
ai piú lievi certami: a chi vincesse
i maggiori, la lotta e i ludi pugili,
greggi; premio supremo era la donna.
Poi che lí mi trovai, vile mi parve
lucro sí nobil non curare. Ed ora,
tu questa donna custodisci, come
ti pregai. Ché rubata ella non è,
ma con gran pena guadagnata. E forse,
un giorno, lode mi darai di ciò.

admeto

Non per dispregio, e non per reputarti
nemico, ti celai la sorte misera
d’Alcesti mia. Ma dolore a dolore
aggiunto avrei, se tu d’un’altra casa
ospite andavi: e già pianto abbastanza
mi dava il male mio. — Ma questa donna,
se puoi, signor, te ne scongiuro, dàlla,
dàlla in custodia ad un altro dei Tèssali,
che sofferto non abbia ciò ch’io soffro.
Molti son tra i Ferési ospiti tuoi:
non far che il male mio sempre ricordi.
Come potrei, vedendo in casa mia