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dei Beati: ed avvampano petali
d’oro dagli alberi fulgidi, alcuni sul suolo,
ed altri ne nutrono l’acque:
ed essi alle mani ed al capo ne intrecciano serti.


Ed altre pitture ed altri mirabili accenni di Pindaro mostrano quanto alta nel cuore degli Elleni fosse la religione dei misteri.

E perché mai Diòniso, ultimo giunto, fu elevato a cosí alto onore?

Egli è che ben chiari trasparivano nel suo mito significati profondi, che trascendevano i miti olimpici. Diòniso era il Dio dell’ebbrezza. Ma che cosa è ebbrezza, se non trasumanare visibilmente, indiarsi? Il vino e l’amore, hanno solo essi virtú di rivelare all’uomo qualche cosa che supera veramente il breve giro della sua potenza. Rivelazione effimera e torbida, ma pur sempre rivelazione, di qualche cosa di sovrumano, non solo udito, ma provato. E questa rivelazione non la dava agli uomini alcuno dei Numi d’Olimpo.

Profondo significato aveva anche il potere misterioso delle Mènadi, che facevano sgorgare miele da gambi d’ellera, acqua da rupi, latte e vino dal suolo. Esse potevano perché tornate allo stato di natura. Tuffandosi nelle vergini scaturigini della vita, dalla quale una falsa civiltà aveva allontanati gli uomini, gl’iniziati riuscivano, grazie a Diòniso, a dominar la vita. E cosí la religione di Diòniso rispondeva ad uno dei piú vivi bisogni dell’uomo, specialmente dell’uomo primitivo: soggiogare le forze della natura: compiere opera di magia.

Cosí Diòniso fu assunto a gloria nei misteri. E in questo mondo ambiguo il suo carattere tralignò. Si fantasticò del suo