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PREFAZIONE | LXIII |
loro, e senza curarsi di saldare i lembi della fusione. Sicché, ciascuno dei suoi personaggi ha due anime, la propria e quella del poeta. E come le due anime di Faust, vivono separate, e spesso in contraddizione. E la seconda è spesso piú interessante della prima.
E cosí, disperse a brani a brani nelle cento figure, e in ogni altra parte dei drammi, le disjecta membra del poeta si ricongiungono spontaneamente, nella necessaria e inavvertita opera di sintesi che compie ogni lettore cosciente; e ne balza fuori, completa e imperiosa, la figura di Euripide, onnipresente in tutti i drammi, e che finisce per imporsi, e dominare la fantasia del lettore, dell’ascoltatore. Leggiamo i drammi di Eschilo e di Sofocle, e ci perdiamo tutti, anche noi, come il loro creatore, nelle loro figure. Leggiamo Euripide, e sentiamo sempre, magicamente, la sua presenza. Solleviamo gli occhi, egli è dinanzi a noi, che ci fissa coi suoi occhi affascinati e disillusi, umani e sovrumani.
A che giova raspare nei frammenti e nei ricordi dei filosofi che egli conobbe, per scoprire il segreto della sua anima? A che pesare quanti presunti atomi concorsero a formare il suo spirito, di Anassagora, di Prodico, di Protagora? Anche se c’entrarono, furono assorbiti e trasformati. E la sua vita spirituale, d’essenza indipendente, come quella d’ogni uomo di genio, da ogni influsso anteriore ed esterno, è tutta riflessa, linea per linea, luce per luce, nei versi dei suoi drammi.
È fanciullo: e volge su l’universo, in perenne contemplazione, le avide pupille, che s’inebriano e s’imbevono di tutte le sue bellezze. Contempla il mare e le sue innumerevoli parvenze, eternamente mobili e varie; contempla i monti, pieni di selve e di misterii; contempla i fiorenti piani dell'Attica, tutti verdi e aulenti d’ulivi, d’ellere, di rose, di giacinti, di narcisi: contempla l’ètere azzurro di Atene, dove Armonia ge-