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PREFAZIONE LI


pretesa di emular la pittura, sostituí le vive pitture dell’età classica, a cominciare da Omero; le quali, invece di dedurre effetti dall’arte della pittura, tentando trasporti, da materia a materia, non sempre possibili, e non sempre felici, cercavano di sfruttare tutte le possibilità della parola, per guadagnare con essa quanto la narrazione perde necessariamente di fronte alle arti plastiche, che parlano direttamente alla vista.

Ma nel complesso, queste pitture, con la loro perfezione, con la loro evidenza, compiono una mirabile opera d’integrazione, e, come dicemmo, divengono elemento altamente caratteristico dell’opera di Euripide. Nei racconti dei messi, integrano l’azione, figurando in un secondo piano, con evidenza quasi di realtà, i fatti non materialmente rappresentati ma a questi contemporanei. Nelle narrazioni mitiche compongono come degli sfondi su cui il primo ed il secondo piano vengono a proiettarsi, e ad inquadrarsi in un complesso prospettivo. Effuse un po’ in tutto il dramma, servono ad integrare la materiale scenografia, e a far circolare l’aria e la luce in tutta la complessa compagine del dramma.

Abbiamo determinati tre fattori e tre linee di evoluzione nel teatro d’Euripide.

1) il criticismo, che conduce al dramma borghese;
2) lo spirito musicale che conduce al melodramma;
3) lo spirito pittorico che introduce nella drammaturgia la tendenza al dramma narrato.

Ma questo processo è tutt’altro che costante ed uniforme. Durante il suo svolgimento ci son continui ricorsi.

E, soprattutto, appare visibile una continua irrequietudine del poeta; per la quale quasi in ogni dramma troviamo il tentativo d’una formula nuova.