Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/46


PREFAZIONE XLV

                    e le luci, degli aurei
                    specchi figgevo nel fulgore intèrmine.

L’invocazione agli Erettídi, nella Medea, suscita una serie di balenanti immagini ariose, nelle quali sembra davvero miracolosamente imprigionato tutto il limpido azzurro ètere dell’Attica.

Il voto della metamorfosi vapora in una lieve musica di versi aerei e multicolori, come una fuga di nuvole a vespro:

                    Oh, divenute aligere,
                    trovarci dove i libici
                    augelli a stormo volano,
                    dall’invernale pioggia
                    fuggendo, e l’antichissima
                    sampogna del pastor, che sovra i fertili
                    piani, dall’umor pluvio
                    intatti, il grido lancia
                    alto volando, seguono.

E perfino l’invocazione alla granata, nello Ione, dà luogo a pitture di delicatezza e grazia squisita e suggestiva.

E anche qui, il poeta non compieva propriamente opera d’innovatore: d’immagini era intessuto in parte, non soltanto il lirismo dei due grandi predecessori, bensí tutto il lirismo greco.

Ma l’abbondanza di queste immagini, la predilezione, e, soprattutto, l’intenzione con cui Euripide le svolge, gli effetti a cui mira, e i mezzi con cui li raggiunge, fanno della parte