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PREFAZIONE XLIII


Un altro voto frequentissimo è quello della metamorfosi, di tramutare in un’altra essenza, per lo piú aerea (Elena, 101):

                    Oh, divenute aligere,
                    trovarci dove i Libii
                    augelli a stormo volano!

E una volta addirittura in nuvola (è voto non del coro, ma di Elettra):

                    Deh, se potessi, come una nuvola
                    dal pie’ di vento, volar, con rapida
                    aerea traccia,
                    al mio fratello caro, del profugo
                    misero, dopo sí lungo transito
                    di tempo, al seno gittar le braccia!

Accanto al voto c’è, e spesso si confonde con esso, la rievocazione dei beni perduti, dei cari luoghi perduti.

Ma piú frequenti sono le invocazioni, le preghiere.

A preghiere ed invocazioni è anche consacrata gran parte del piú assoluto lirismo di Eschilo. Ma invocazioni e preghiere a Numi, espresse con la solennità e la fede profonda del credente.

In Euripide, è tutt’altra cosa. Non che non sia invocato qua e là qualche Nume. Ma, cosí, quasi per obbligo tradizionale. La preghiera non trova eco poetica nel cuore scettico del poeta, non gli suggerisce nulla, non lo ispira. Altre essenze, astratte e concrete, sono piú spesso invocate, e sembrano animare la sua fantasia.

Gli uccelli, per esempio. Egli li invoca, e dipinge la loro vita con visibile compiacenza. L’invocazione alla rosignoletta, nell’Elena, è fra i piú deliziosi spunti della lirica greca. Il