pizia
Questo da te giudicherai. Nutrito
io t’ho fanciullo, per voler del Nume,
e il cestello ti do, ch’io di buon grado,
com’egli impose, presi, e lo serbai:
perché volle, non so. Ma niun sapeva
ch’io lo serbassi, e dove ascoso fosse.
Addio! Come una madre io ti saluto.
E comincia a cercar donde conviene
la madre tua: prima, se fu di Delfo,
qualche fanciulla che ti generò,
e poi t’espose in questo tempio: quindi
se fu d’Ellade. Ed ora, tutto avesti
da me, da Febo, ai casi tuoi partecipe.
Consegna il cestello a Ione.
ione
Ahi ahi, dagli occhi quante umide lagrime
verso, quando il pensier volgo a quel punto
in cui la madre mia, sposa di furto,
m’abbandonò nascostamente, e il seno
non m’offerse. E del Dio nel santuario,
privo di nome, al par di schiavo io crebbi,
ché amico il Dio mi fu, nemico il Dèmone.
Perché, quando io fra le materne braccia
goder dovevo, e vivere felice,
privato fui del latte della madre
mia prediletta; e, sciagurata anch’essa
che mi die’ vita, il dolor mio medesimo
patí, che priva del diletto fu
del suo bambino. Ed ora, questo cofano