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IONE 233

principe onore far volesse, piena
a lui la porse; ma nel vino il farmaco
gittata avea mortifero, che, dicono,
la signora gli avea dato, perché
morir dovesse il giovinetto. E tutti
n'erano ignari. Or, quando già libava
insiem con gli altri, il figlio or or trovato,
uno dei servi un detto profferí
di malo augurio. E quei, ch’entro in un tempio,
fra sacerdoti esperti era cresciuto,
ne trasse auspicio, ed ordinò ch’empiessero
un altro vaso; e rovesciò la prima
libagïone a terra, e a tutti impose
di rovesciar la propria. E fu silenzio.
I sacri vasi empiemmo allor col rorido
vino di Biblo; e in questa, ecco, uno stormo
di colombe piombò sovra la casa:
ch’esse nel tempio dell’Ambiguo, vivono
senza timore; e, del liquore cupide,
nel vin versato a terra i becchi immersero,
lo delibâr nelle pennute fauci.
E fu per l’altre la bevanda innocua
del Dio; ma quella che posata s’era
dove libato aveva Ione, come
il licore gustò, subito scosse,
furïosa agitò le penne belle,
ed una voce emise incomprensibile,
con alto lagno: e sbigottí la turba
tutta dei convitati, a quello spasimo.
Dando guizzi morí, le venner meno
i purpurei piedi. E allora, il figlio
designato da Febo, ambe le braccia
dal peplo ignude stese su la tavola,