che i mesi parte, e, segno securissimo
ai nocchieri, le Íadi, e la foriera
di luce Aurora, che discaccia gli astri.
Sulle pareti altri distese poi
barbari drappi: le veloci v’erano
navi nemiche degli Ellèni, e miste
forme umane ed equine, e di cavalli
cacce, e catture di lion’ selvaggi
e di rapidi cervi, e su le soglie
del tempio, innanzi alle sue figlie, Cècrope
che si snodava nelle anguinee spire,
voto di qualche Atenïese. E in mezzo
del convivio posò gli aurëi vasi.
Sovra il sommo dei pie’ l’araldo allora
surse, e fe’ bando che al convito acceda
chi vuol dei cittadini. E come fu
piena la tenda, cinti al crine i serti,
le brame sazïâr di lauto cibo.
E smesso che il piacer n’ebbero, un vecchio
si fece in mezzo, e coi suoi buoni uffici
provocò grande ilarità: ché l’acqua
attingea dalle brocche, e la porgeva
pei lavamani, e della mirra il succo
bruciava, e presiedea, ch’ei sé medesimo
a tale ufficio elesse, agli aurei calici.
E quando l’ora fu della comune
libagïone, e dei concenti, il vecchio
disse: «Conviene rimandar le piccole
coppe, e recar le grandi; e piú sollecita
cosí la gioia inonderà gli spiriti».
Tutto un affaccendarsi allor fu visto,
tazze a recar d’argento e d’oro. E quegli,
una eletta ne prese, e quasi al nuovo