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IONE | 207 |
pedagogo
Siamo traditi: dico siam: ché il tuo
danno, o regina, è danno mio: d’intrigo
siamo offesi, e d’ingiuria, e d’Erettèo
siam dalle case discacciati. Io parlo
non per odio al signor tuo, ma perché
amo te piú che lui: ch’egli, foresto
venne alla tua città, t’ebbe consorte,
ebbe la casa tua, l’eredità
tua tutta quanta, e adesso è manifesto
che di nascosto figli procreò
da un’altra donna. E che fu di nascosto
te lo dimostrerò. Com’ei ti seppe
sterile, a te non volle essere simile,
partecipar la tua iattura; e, scelto
un talamo servile, e celebratevi
nozze furtive, un figlio generò,
dalla patria portar lungi lo fece,
e l’affidò, ché lo nutrisse, a qualche
cittadino di Delfi. E il pargoletto,
perché celato rimanesse, libero
nella casa del Dio cresciuto fu.
E quando poi lo seppe adolescente,
a venir qui t’indusse, per la vostra
sterilità. Né fece inganno il Nume:
inganno, ei fece, che di furto il pargolo
a lungo crebbe, e questo laccio tese.
Se scoperto, imputato il Nume avrebbe;
e, restando nascosto, e a suo vantaggio
traendo il tempo, a lui trasmessa avrebbe
la tua sovranità. Di Ione il nome