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IONE 195

Della sovranità, che a torto esaltano,
l’aspetto è bello; e trista è invece, se
tu guardi a fondo. Essere può beato,
avventurato, chi campar la vita
deve temendo sempre, e sempre vigile?
Viver come privato eleggerei
con la fortuna, piú ch’esser sovrano,
che deve amici avere i tristi, e i buoni,
per timor della morte, avere in odio.
L’oro tu mi dirai, che vale piú
di tutto questo. E sí, ricchezza è dolce;
ma, se in pugno l’ho stretta, udire i biasimi
non mi riesce grato, e aver fastidî.
E i beni che qui godo, ascolta, o padre.
Il tempo, intanto, il primo ben degli uomini:
la poca ressa, poi, né per via m’urta
alcun briccone: e cosa intollerabile
è per la via cedere il passo ai tristi.
E fra preghiere ai Numi e bei propositi
son vissuto finora: a gente allegra,
non mai piangente fui ministro: ed ospiti
questi licenzïavo, e quei giungevano:
io nuovo ad essi, ed essi a me, gradito
ero a lor sempre. E, ciò che devon gli uomini
pregiare, anche se avvien senza lor merito,
l’indole e il mio dover fanno ch’io, servo
d’Apollo, un giusto sia. Badando a ciò,
meglio qui star, che lí, padre mio, reputo.
Lascia ch’io viva qui. Ci bea del pari
goder grandezze, e pago esser del poco.