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PREFAZIONE XXV


E certo lo stesso Euripide ebbe coscienza di questa incompatibilità e delle sue pratiche conseguenze. E via via, durante una lunga fase, la sua opera tende a distaccare le figure del mito dalla compagine degli eventi nei quali le inquadrava la tradizione, per coinvolgerle in nuove reti di eventi, in intrecci inventati, nei quali la contraddizione fosse temperata o addirittura sparisse. Il processo appare pressoché compiuto in alcuni degli ultimi drammi, massime in quelli che si sogliono definire romantici (vedi introduzioni singole). Dove gli eroi sono uomini qualunque; ma anche gli eventi sono, su per giú, all’altezza della loro psicologia: tranelli, inganni, frodi: in fondo, sintetizzando, le mechanài che davano tanta noia ad Aristofane.

S’intende che tale contrasto non esisteva per le persone umili. Ed è questa la ragione per cui ci appaiono cosí vere, dal lato artistico, e cosí convincenti.

Questa riduzione della psicologia eroica tradizionale alla psicologia reale, è il processo fondamentale, che opera nella creazione delle figure euripidee, e che, a mano a mano, trasforma la tragedia in dramma borghese e, a momenti, in commedia.

Ma, accanto ad esso, altri se ne possono rilevare, minori, o accennati appena, o che si cominciano a svolgere, ma rimangono in abbozzo.

Tali, per esempio, la tendenza a dipingere figure ed eventi proprio al contrario di come li dipingeva la tradizione, senza che si riesca a vedere la ragione che spinge il poeta, salvo uno spirito di paradosso. Qualche cosa di simile si potè vedere una cinquantina d’anni fa, quando nella letteratura semi-storica imperversava la mania delle «riabilitazioni».