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vanile ha disegnata una cornice di gentilezza poetica quale non si riscontra in verun altro suo dramma.

Dall’altro lato, i personaggi non hanno, nessuno, nulla di eroico, sono gentuccia, sono borghesi, personaggi non da tragedia, bensí da commedia, e, a momenti, quasi da farsa.

Evidentemente, la sua tendenza ad ironizzare, che, in fondo, è desiderio lodevolissimo di rappresentare gli uomini quali sono, all’infuori di qualsiasi convinzione, gli ha un po' rubata la mano proprio in questo dramma, in cui l’ironia e il conseguente grottesco sembrano piú fuori di posto e stonati.

Di qui un dissidio che vizia un po’ l’intima essenza dello Ione, e non consente di annoverarlo fra i puri capolavori di Euripide.

Intorno alla data dello Ione non possediamo notizie obiettive: sicché la questione cronologica è sempre aperta. Un ravvicinamento con un brano di Tucidide, in virtú del quale il Grégoire lo suppone rappresentato nel 418, non mi sembra convincente. E, viceversa, la relativa ricchezza di tetrametri trocaici (da me resi con gli ottonarî doppî), talune particolarità di tecnica dei trimetri giambici, e la predilezione per descrizioni di opere d’arte, sembrerebbero indicare una data piú bassa. A me sembra evidente che alla scena dell’arrivo degli uccelli sia ispirata la pàrodos degli Uccelli d’Aristofane1. Gli Uccelli sono del 414; e perché le parodie teatrali per riuscire intelligibili al pubblico devono seguir da presso le

  1. È forse non la sola pàrodos. La menzione che si fa nell’antepírrema della seconda paràbasi delle statue imbrattate dagli uccelli potrebbe essere ispirato all’ὡς ἀναθήματα μὴ βλάπτηται (177) di Ione. E' un’aura degli Uccelli si sente in altra espressione nel verso 171: τίς ὅδ´ὀρνίθων καινὸς προσέβα.