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IONE | 131 |
figlio d’un Nume (prototipo Anfitrione), poteva sorvolare sui lati scabrosi.
Invece, non soltanto non sorvola, ma inventa situazioni e particolari che mettano bene in rilievo il lato comico della sua posizione.
Tali, per esempio, l’entusiasmo con cui, appena uscito dal tempio, si precipita su Ione, e abbraccia come proprio figlio ii figlio della moglie e d’un altro.
Xuto. — Salute, o figlio! Queste parole conviene che prima io ti dica, o figlio!
Ione. — Salute ne ho. Anche tu ripèndula il cervello, e saremo in due ad averla.
Xuto. — Dammi la tua mano, ché io la baci, e che ti stringa al mio seno.
Ione. — Hai il cervello a posto, forestiero? O i Numi te l’hanno mandato a male?
Xuto. — Non ho il cervello a posto, perché ho trovato e voglio abbracciare ciò che ho di piú caro al mondo?
Ione. — Finiscila: non toccare le sacre bende del Nume!
Xuto. — Le toccherò. Non rubo, piglio il mio.
Ione. — Vuoi allontanarti, prima di buscarti una freccia nei polmoni?
Tende l’arco.
Xuto. — Perché mi fuggi cosí?
Ione. — Non amo i forestieri pazzi e senza cervello.
Xuto. — Uccidimi, ardimi. Ma se m’uccidi, sarai l’assassino di tuo padre.
L'abbondanza e l’eccesso di queste repulse, se da un lato servono a dipingere assai bene il carattere diffidente e circospetto del giovine, dànno modo a Xuto di sfoggiare una facilità e una credulità che non gli accrescono certo prestigio agli occhi degli spettatori che sanno tutto.