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38 EURIPIDE

Frettoloso s’appressa a questa reggia
Pentèo, figliuolo d’Echióne, a cui
diedi il poter della mia terra. Oh, come
turbato in viso! Che vorrà mai dirci?
penteo
entra infuriato, e, senza vedere i due vecchi, si rivolge alle guardie e ai cittadini che stanno alla soglia della reggia.
Mentr’ero lungi dalla patria, udii
che nuovi guai piombarono su Tebe.
Le donne, simulando un estro bacchico,
abbandonate le lor case, corsero
fra i boschi alpestri, ad onorar coi balli
questo non so qual nuovo Dio, Dïòniso.
Fra i loro crocchi son colmi boccali;
e a sollazzo dei maschi si rimpiattano
di qua, di là, per solitarî anfratti:
Ménadi, a loro dir, di fiere in traccia;
ma piú che Bacco, onorano Afrodite.
Quante ne colsi, con le mani avvinte
stan nel carcere pubblico, e i miei servi
a guardia loro: quante ancor son lungi.
Ino, ed Àgave ond’io nacqui ad Echíone,
e d’Atteón la madre, io dico Autònoe,
le caccerò pei monti, e stringerò
di ferree reti; ed avrò posto fine
ben presto al pernicioso impeto d’orgie.
Dicon che sia qui giunto un forestiere,
un fattucchiere ciurmator di Lidia,
di bionde chiome ricciole fragranti,
vermiglio in viso, e voluttà spirante