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6 | ESCHILO |
discorso mellifluo da principio; ma, poiché la fanciulla tace, conclude con superbissime parole.
È altera con gli umili; ma, a tempo e luogo, la troviamo servile. Quando giunge Agamennone, si prostra al suolo, con tanta servilità, da provocare le proteste dello sposo. E quando il figlio l’ha ghermita per ucciderla, in lei non appare più veruna traccia di alterezza. Pur di salvare la vita, si abbassa ad ogni preghiera, ad ogni umiliazione.
Questi due atteggiamenti opposti hanno origine in una delle qualità fondamentali e dominanti del suo carattere: la finzione. Essa ha tradito lo sposo, lo odia, lo attende per ucciderlo. E tuttavia, come l’araldo ne annuncia l’arrivo, le fioriscono sulle labbra espressioni e proteste di caldissimo affetto. E tenere, melliflue, sono tutte le sue parole, e prima dell’arrivo, e poi allo sposo arrivato. Ne Le Coefore, le giunge il finto annunzio della morte di Oreste, ed ella gioisce nel profondo cuore, perché vede così allontanato l’incubo che la dominava giorno e notte. Ma le sue parole, assai diverse dal sentimento, sono tutte un rimpianto e un lamento.
Ma l’infingimento ipocrita non è sempre perfetto. È incrinato da certa smania sarcastica, che lascia talvolta, con velate allusioni, trasparire il fondo dell’anima. Così quando fa stendere i tappeti su cui deve muovere Agamènnone:
- Presto, velata sia la via di porpora,
- sí che Giustizia lo conduca ai tetti,
- com’egli non credea.