Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) II.djvu/7

4 ESCHILO

tradizionale della tragedia, quale abbiamo potuto caratterizzarla 1, era tale, che rendeva possibile qualsiasi distribuzione.

Del resto, la tecnica scenica non è molto diversa da quella degli altri drammi eschilei. E già, di solito, questi problemi tecnici, che tanto danno da fare ai mediocri, non attraggono eccessivamente l’interesse dei sommi. E neppure mi sembra che esista vera superiorità, di fronte ai drammi più antichi, delle parti corali. Non mancano brani lirici di grande efficacia; ma l’ala d’Eschilo era già poderosa ne I Sette a Tebe, ne I Persiani, ne Le Supplici.

Immenso progresso si ravvisa invece nella scultura dei caratteri. Su questo punto, evidentemente, s’erano concentrati l’interesse e lo studio del poeta maturo. Mentre nei drammi trascorsi le figure, anche principali, rassomigliavano un po’ tutte l’una all’altra, qui è palese la cura di caratterizzare tutti i personaggi. Ecco Agamènnone, triste, parco di parole, schivo di pompe, la cui fronte sembra avviluppata da una duplice nube funesta: lo scempio d’Ifigenia, il presentimento della prossima morte. Oreste è un abulico, spinto da Apollo, esitante, incitato dalla sorella, incitato da Pilade, e, compiuto il delitto, assalito dai rimorsi che lo spingono errabondo di luogo in luogo. Elettra deriva dalla madre la implacabile volontà, non ha un momento d’esitazione e di debolezza femminile.

E vediamo, anche, le figure secondarie. Ecco, nella

___________

    all’altare di Apollo. L’Agamènnone finisce poi bruscamente, con una battuta di Clitennestra, e Le Coefore con un brevissimo canto corale.

  1. Vedi Vol. I, Introduzione, e Il Teatro Greco, pag. 25.