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52 ESCHILO

Chi mai senza dolor, tranne i Celesti,
tutto il viver trascorre? Oh!, se i travagli
535e le dure vigilie io ti dicessi,
e il disagio, e l’angustia dei giacigli
entro le navi, senza un’ora mai
di riposo, gementi. E in terra, poi,
era l’affanno anche maggiore. I letti
540avevam presso le nemiche mura,
e le brine del cielo e le terrestri
c’irroravan sui prati, e facean guaste
le vesti, e madidi orridi i capelli,
come di fiere. E chi direbbe il freddo
545che, da le nevi d’Ida, insopportabile
sterminava gli uccelli? O la calura
allor che, senza flutto, nei giacigli
meridïani, senza vento, il pelago
cadeva ed assonnava? Ma che giova
550di ciò lagnarsi? Ogni travaglio è lungi!
Ignoto al cuore dei defunti è il cruccio
di non risorger piú. Che giova il computo
far dei caduti? Della sorte avversa
perché si lagnerà chi vive? Io voglio
555dare alle ambasce un lungo addio. Per quanti
sopravvivemmo delle schiere argive,
ben prevale il guadagno; ed al confronto
non regge il danno. Onde ora, in faccia al sole,
vanto meniamo a buon diritto noi,
560la cui fama per mare e terra vola:
una schiera d’Argivi ha presa Troia:
questi trofei, d’antiche reggie fregi,