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LE EUMENIDI 207


i penetrali e alle sacre bende
m’accosto, e vedo sulla pietra un uomo
supplice, sozzo d’un delitto: sangue
stillano ancor le mani e il ferro ignudo;
e stringe un ramo di montano ulivo,
tutto avvolto di pii candidi bioccoli.
È chiaro assai, ciò che finor v’ho detto.
Ma dinanzi a costui, sovressi i troni,
sopito giace un mostruoso stuolo
di femmine: non femmine, anzi Gòrgoni
io le dirò: benchè, neppure a Gòrgoni
le posso assimigliar, quali dipinte
io le vidi a Finèo predar la mensa3.
Ma senz’ali son queste, e negre, e tutte
lorde: con ammorbanti aliti russano,
e sozze marce giú dai cigli colano.
Né vesti pari a quelle ch’esse cingono
tollerare saprian dei Numi gl’idoli,
né tetti umani. Io mai progenie simile
non ho veduta, e non mi so qual terra
glorïar si potrà ch’ebbe a nutrirle
senza suo danno, senza averne a piangere.
     Ma ciò che far si debba, il Nume ambiguo,
il possente Signor di questo tempio,
egli lo vede: ché indovino e vate
medico, anche le altrui case purifica4.

La profetessa esce