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telligibili. Eschilo stesso le chiama enigmi1, le paragona a figure avvolte in velo.2 Nelle stasi, invece, ode, risponde, chiarifica, con espressioni e vocaboli proprî.

Tre sono gli accessi, e tre le stasi. Il primo accesso comprende tutto il kommós e, a sua volta, si divide in tre parti: lamento contro Apollo che l’ha condotta alle case insanguinate degli Atridi; visione della morte di Agamènnone; visione della propria morte. E forma come un tutto a sé. Comincia con un lunghissimo silenzio di Cassandra, sorda a tute le reiterate domande di Clitennestra e del coro. Questi silenzî erano dilettissimi ad Eschilo. Euripide, nelle Rane, glie ne muove rimprovero, e glie ne dà taccia di ciarlatano3. Qui, certo, il motivo prediletto al poeta trova la sua migliore applicazione, la sua messa in opera perfetta.4 Questo silenzio di Cassandra è di virtú suggestiva profonda, e tiene veramente sospesi tutti i cuori su un baratro d’orrore. E da questo buio scoppia un grido, e cresce un uragano di parole misteriose, che, a grado a grado, attraverso guizzi misteriosi d’immagini,5 culmina nella visione più precisa, della giovenca che a tradimento trafigge un toro.

  1. Verso 1183: φρενώσω δ’ οὐκέτ’ ἐξ αἰνιγμάτων. — V. 1109: ἐξ αἰνιγμάτων ἐπαργέμοισι ϑεσφάτοις ἀμηχανῶ.
  2. Verso 1177: ὁ χρησμὸς οὐκέτ’ ἐκ καλυμμάτων ἔσται δεδορκὼς νεογάμου νύμφης δίκην.
  3. Prima, piantava un tòmo imbacuccato e assiso — un Achille, una Niobe, un fantoccio, che il viso — celava e non diceva nulla.
  4. Vedi introduzione.
  5. Ἀνδροσφαγεῖον (1077); δίκτυον Ἅιδου (1103); ϑύματος λευσίμου (1107); προτείνει δέ χεῖρ ἐκ χερὸς ὀρεγομένα. Qui vede e fa vedere le sole mani, staccate dal corpo, vibranti colpi. Nella