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prirne l’eleganza e l’agilità. Ma nessuna analisi può dare idea del prodigioso effetto che essa produce nella attuazione scenica. Recitata, cantata e danzata come fu a Siracusa (1921), la lamentazione, e tutta la prima parte della tragedia, attinge una sublimità spirituale di cui sono pallidi riflessi le piú mistiche scene di Wagner.

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Ne le Coefore v’ha duplicità di luogo. La prima parte si svolge dinanzi alla tomba di Agamènnone, nel suburbio, la seconda dinanzi alla reggia. Non credo però che ci fosse vero cambiamento di scena. Costruita, da un lato dell’ampia scena, la reggia, dall’altra la tomba1, i movimenti degli attori e del coro dovevano suggerire agli spettatori, poco esigenti su questo punto, la duplicità del luogo. Oreste sarà entrato da sinistra, le coefore con Elettra2 dalla pàrodos destra.

Dopo la trama che conclude la prima parte, Oreste e Pilade saranno usciti ancora da sinistra, ed Elettra dalla pàrodos destra.

Notevole è, dal lato scenico, l’allontanarsi del coro dopo l’urlo mortale d’Egisto: arditezza che prima di Eschilo non dové certo avere esempio. Le ancelle dicono di allontanarsi per isfuggire al sospetto di aver partecipato ai tragici avvenimenti che certo si svolgono entro la reggia. Ma con ciò riesce un po’ alterato il loro carattere, che

  1. O, forse, la stessa ara di Diòniso, nel centro dell’orchestra, poté figurare come tomba di Agamènnone.
  2. Non posso credere che Eschilo la facesse andare distinta dal coro per serbare una convenzione che poi forse a quei tempi non esisteva ancora o per lo meno non era rigorosa.