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prefazione | xxxvii |
morte empia inflisse,
spiccando il piede via dai frangenti;
e trovò morte coi due fanciulli.
È grottesco. Ma che colpa ne hanno quelle povere infelici, costrette a non muoversi dall’orchestra?
Avverrà un’altra volta, anzi avviene piú volte, per esempio nelle Coefore, nella Ifigenia in Tauride, nell’Oreste, che i protagonisti ordiscano una trama contro qualche loro feroce nemico. Ma alla trama, segretissima, rischiosissima, assistono di necessità le coreute. Onde i poveri protagonisti devono raccomandarsi: «Per carità, non tradite il nostro segreto!» — «Vi pare! — rispondono quelle — Saremo tombe» — E naturalmente mantengono tutte la parola. Ventiquattro femmine.
Questi e simili altri inconvenienti e bizzarrie derivano dalla presenza del coro. Spesso quella torma d’importuni ci fa addirittura stizza. Ma non dobbiamo credere che desse meno noia ai drammaturgi. Solamente questi non potevano sbarazzarsene. E si industriavano di adoperarla meno peggio che potessero. Possiamo anzi dire che negli artificî, negli spedienti con cui i poeti drammatici adottano questo malagevole elemento arcaico alle necessità che venivano via via emergendo nello sviluppo del dramma, consista la storia tecnica della tragedia, e in genere del teatro greco.
Un ultimo esempio, e questo nella parte drammatica. Abbiamo vista l’origine musicale delle sticomitíe (dialogo a verso contro verso). Senza dubbio la sticomitía offriva il vantaggio di dar rilievo al contrasto, già con la pura