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xxxii prefazione

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E un altro fioco bagliore, in questi ultimi anni, ha brillato in quel fittissimo buio. Già da molto tempo si era osservato che tra gli incunaboli della tragedia bisogna annoverare anche le varie rappresentazioni mitiche che avevano luogo in parecchi riti religiosi, e, in primo luogo, nei Misteri. Ora, qualche anno fa, in una casa pompeiana, s’è scoperta una serie di affreschi, che, senza dubbio, riproducono una rappresentazione dionisaca. Non c’è dubbio, mi pare. L’ha dimostrato, in un dottissimo e ingegnosissimo libro, Vittorio Macchioro1.

Questi affreschi rappresentano una giovane che viene iniziata ai misteri orfici, assistendo e prendendo parte alle seguenti Scene:

I. - Un’agape sacra. Su un plinto siede una sacerdotessa, che con la sinistra scopre un canestro offertole da un’ancella, e con la destra offre un ramo di mirto ad un’altra ministra, che vi versa sopra, da un vasetto, una libagione.

II. - Una satirisca, concepita certo come vergine, offre la mammella ad un cerbiatto. Lí presso, un altro cerbiatto. Un satirello, per contemplare, ha smesso di suonar la zampogna. Séguita invece a suonar la lira un vecchio Sileno. La scena rappresenta, quasi di certo, l’allattamento di Diòniso; e, simbolicamente, la rinascita in Diòniso di chi s’inizia.

III. - È una scena stranissima. Un satiro presenta uno specchio rotondo, e, si direbbe, concavo, ad un

  1. Zagreus, Studî sull’orfismo, Bari, Laterza.