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PROMETEO LEGATO 247


niun cordoglio imprevisto. Adesso il fato,
meglio ch’io possa, sopportar conviene:
ché del destino abbattere la possa
nessuno vale. E pur, della mia sorte
né favellare né tacere io posso.
Ché per un dono che ai mortali io porsi,
sotto il giogo sono io di tal destino:
la furtiva predai fonte del fuoco
nascosta entro la fèrula, che agli uomini
maestra fu d’ogni arte, ed util sommo.
Di tal misfatto pago il fio, nei lacci,
a cielo aperto, turpemente avvinto.
Si ode una soave musica lontana.
Ahimè, ahimè!
Che voce, che ineffabile fragranza
alïa verso me,
di Nume, d’uomo, o d’ambedue commista?
Giunge alcuno a veder le mie torture?
O per qual brama? Ahi!, di catene avvinto,
questo misero Nume vedete,
il nemico di Giove, che in odio
venne a quanti Celesti s’addensano
nella reggia di Zeus, perché gli uomini
troppo amavo. Ah!, quale odo d’augelli
novo strepito? L’ètere sibila
sotto i battiti fitti dell’ali.
M’è terror tutto ciò che s’appressa!