Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) I.djvu/265

226 ESCHILO


stico: e per questo, e per il loro contenuto, si vede chiaro, che appartennero alla pàrodos. Dunque, o aprirono l’azione1, o vennero súbito dopo un prologo. Erano affidati ad un coro di Titani, che salutavano il loro consanguineo:

190


Siamo giunti....

a veder, Prometèo, le tue pene,

e il tormento di questi legami.


Poi descrivevano le terre viste nel loro lungo viaggio:

191


Dove scorre, fra l’Asia e l’Europa,
il gran termine duplice, il Fasi.


192


E le sacre fluenti purpuree

del Mar Rosso, e, vicina all’Ocèano,
degli Etíopi l’altrice palude,
che riflessi ha di rame, ove il Sole
che tutto contempla,
le membra immortali al riposo
adduce e gli stanchi cavalli

nei calidi gorghi dell’acqua soave.

  1. È questa l’ipotesi piú probabile, perché il dramma arcaico incominciava appunto con una pàrodos anapestica. Vero è che nell’Agamennone una simile pàrodos è preceduta dal prologo della scolta; ma l’Orestea appartiene ad un periodo tardo, quando le forme originarie erano molto alterate. Né mi sembrano senza peso le parole di Procopio, che, riferendo due di questi versi (fram. 191), dice: Αἰσχύλος ἐν Προμηθεῖ τῷ λυομένῳ εὐθὺς ἀρχόμενος τῆς τραγωδίας.