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prefazione xxvii

di tutti tempi e di tutti i luoghi. Infine, le azioni erano danzate. E a questo proposito, sappiamo da Ateneo (p. 22) che i primi poeti tragici venivano chiamati ὀρχησταί, danzatori.

La forma era, piú o meno, stabilita. Ma un cambiamento profondo, essenziale, avveniva poi nel contenuto: la tragedia perdeva tutti i suoi elementi comici. Come e perché?

Aristotele, con la solita brevità, ci dice che lo stile (λέξις) piú tardi divenne piú dignitoso per la perdita del carattere satiresco. Ora, è facile stabilire il momento in cui avvenne tale trasformazione. Concepire satiri dignitosi è impossibile: dignità e satiri sono termini inconciliabili. Perché il linguaggio divenisse dignitoso occorreva che sparissero i satiri.

E i satiri sparirono quando sparí Diòniso.

Ed anche qui, non sapremmo, e non importa un bel nulla, stabilire date e luoghi precisi. Ma è certo che, mentre la tragedia continuava ad esser chiamata dramma dionisiaco, ed a rimanere sotto la tutela di Diòniso, un bel giorno non si videro piú sulla scena né il Nume vaghissimo, né i suoi compagnoni codiferi. Allora dalle file degli spettatori partí il grido giunto sino a noi: Οὐδὲν πρὸς τὸν Διόνυσον — di Diòniso non c’é piú neppur l'ombra!»

Per quale ragione poi sparisse Diòniso, mi sembra anche facile indurlo. Intanto, per amore di novità. Gli episodî della sua passione erano molti, ma non moltissimi; e si rassomigliavano l’un altro. Dopo un certo tempo, quelle rappresentazioni divenivano note e arcinote.