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xxvi | prefazione |
una analisi di tutti i drammi greci superstiti, ci mostra come molti di questi pezzi, e massime i corali, avessero forma e contenuto obbligati. E, piú specialmente, gli stàsimi, e specie quelli di Eschilo, che, naturalmente, rispecchiano con maggior fedeltà la tragedia primitiva, contengono nella gran maggioranza preghiere a questa o quella divinità. E preghiere di carattere speciale: invocazioni ai Numi, perché scendano dall’Olimpo fra i loro devoti. Talvolta in una medesima strofa tale invocazione vien ripetuta due o tre volte.
E tale dové essere appunto il contenuto del ditirambo iniziale. Una invocazione insistente, alla quale seguiva la apparizione del Nume.
Ecco dunque, senza voli eccessivi di fantasia, ricostruita la immagine della tragedia primitiva. Il coro dei satiri, diviso in due semicori, rivolgeva ardenti invocazioni al Nume perché si mostrasse ai suoi devoti. Ed ecco il Nume, Diòniso, il primo attore, apparire. Apparire, e, naturalmente, narrare qualche sua vicenda, qualche episodio della sua passione.
E qui altre testimonianze dirette di Aristotele ci permettono di arricchire questa schematica immagine.
La tragedia primitiva aveva breve estensione. Il carattere ne era satiresco, ossia giocoso, e consentaneo alla natura sollazzevole dei satiri. Lo stile, burlesco. Il metro — e si deve intendere il metro della parte piú propriamente drammatica, ossia della narrazione dell’attore e dei suoi dialoghi col coro — il tetrametro trocaico, che corrisponde perfettamente, dal lato ritmico, al nostro ottonario doppio, ed è il metro della poesia popolare originaria