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prefazione xxv

voci. Cosí ancora, nell’Anfiparnasso di Orazio Vecchi (1594).

Ma, in séguito, ai due semicori si uní un attore. Un solo. Abbiamo la esplicita testimonianza di Aristotele: «Prima di Eschilo - egli dice — la tragedia aveva un solo personaggio». A me sembra che questa singolare limitazione gitti uno sprazzo di luce sulle antiche sorti della tragedia. Perché mai questo personaggio unico? Stabilito il principio di aggiungere al coro personaggi drammatici, non si vede la causa di questa limitazione. Esempî di composizioni drammatiche e di azioni sceniche con pluralità di persone non mancavano, se non altro nelle farse popolari che, come sappiamo, risalivano a grande antichità. Evidentemente, questa limitazione si deve a influsso e legame tradizionale. E il germe della tradizione è, secondo me, in questo fatto: che la tragedia primitiva non volle attingere elementi estranei, bensí adoperò quelli che aveva sotto mano. Nella cerimonia ditirambica, oltre al coro dei satiri, c’era Diòniso. E Diòniso fu assunto ad accrescere il numero degl’interlocutori della tragedia nascente. Già da tempo gli studî archeologici hanno provato che il vestito degli attori tragici era appunto il vestito di Diòniso.

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E forse possiamo ricostruire ancora qualche altro anello della catena che stringe il ditirambo originario alla tragedia d’Eschilo.

Abbiamo visto che il dramma d’Eschilo — e piú, aggiungiamo, quello di Sofocle e di Euripide — al pari del moderno melodramma, era diviso in tanti pezzi. Ora,