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I SETTE A TEBE 161

messaggero
O dei Cadmei signore ottimo, Eteocle,
dal campo io giungo, e a te reco sicure
notizie di laggiú: ché vidi io stesso.
Sette guerrieri, impetuosi duci,
sgozzato un toro dentro un negro ferreo
scudo, e le man tuffando entro quel sangue,
per la Strage, per Marte, pel sanguineo
Terror, la rocca dei Cadmei giurarono
che diroccata avrebbero, spogliata
la città con la forza; o che, trafitti,
questa terra di sangue intriderebbero.
E ciascuno appendea, versando lagrime,
d’Adrasto al cocchio, per i suoi parenti,
per la magione sua, pegni d’affetto11.
Né lagno uscia dai labbri. Pensier’ferrei
spiravan l’alme, di valore ardevano,
come leoni che negli occhi han guerra.
Né tempo andrà che avrai di ciò contezza:
io li lasciai che gittavan le sorti,
a quale porta la sua schiera ognuno
dovesse addurre. E tu, subito eleggi
i migliori di Tebe, e delle porte
ponili ai varchi: ché le schiere Argive,
chiuse ne l’armi, avanzan già, di polvere
si sollevano nembi; e di sue gocciole
candida spuma la pianura spruzza
dal pulmon dei cavalli. Or, come saggio
nocchiero, tu provvedi ad ogni falla,
pria che di Marte la procella infurî: