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112 ESCHILO

giungemmo, sopra il valico dell’Assio,
di Bolbe sopra le palustri canne,
di Pange all’alpe, ed all’Edonia terra.
In questa notte un Nume suscitò
intempestivo gelo, e le fluenti
tutte agghiacciò del limpido Strimone.
Qui, tal che pria fede negava ai Numi,
allora si prostrò, la terra e il cielo
con le preci invocò. Quando poi tregua
ebber le tante suppliche, l’esercito
il fiume traversò, fatto cristallo.
Ma sol chi lo varcò prima che i raggi
si spandesser del sole, in salvo giunse:
poiché l’orbe del sol, di raggi ardendo,
e con la vampa il tràmite bruciando,
lo liquefece a mezzo. Oh!, fortunato
chi perse prima l’alito vitale!
Quei che, serbati, attinsero salvezza,
traversata la Tracia a gran fatica,
sul patrio suolo sono qui, fuggiaschi;
né molti sono. Onde può Susa piangere
la sua piú cara gioventú perduta.
Il vero è questo. Ed altri assai tralascio
mali che un Nume ai Persïani inflisse.
coro
Oh!, con che greve piede, infesto Dèmone,
balzato sei sopra la persa stirpe!