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xvi prefazione

guidare il passo dei coreuti. Se però l’entrata era movimento rapido e concitato, gli anapesti potevano essere sostituiti da ritmi trocaici o giambici (6/8 in battere e 6/8 in levare). Poi, in genere, il ritmo seguiva docilmente e si mutava secondo le vicende dell’azione. A questo principio, i poeti greci ubbidivano tanto, da giungere a formular norme teoriche.

Per fortuna tutti i ritmi schietti ed omogenei si possono trasportare integralmente da lingua a lingua. I dubbî sollevati con insistenza, provano soltanto la minor lucidità di chi li esprime.

Altro é invece il problema per i miscugli di ritmi, ossia per gran parte dei gruppi strofici degli stàsimi. Qui non abbiamo più membri ritmici integri. bensí pieni di lacune, riempiute una volta dalle note musicali, e delle quali non sempre — sebbene spesso — possiamo determinare la durata1. Un calco di questi monconi non potrebbe riuscire che un mostricino. Ricostruire, al lume di principî ritmici generali, lo schema originario, sarebbe possibile. Ma questo schema sarebbe melico e poetico, e non suscettibile di offrire un giusto fulcro ai vocaboli.

D’altra parte, esiste un verso italiano, che, al pari delle strofe meliche greche, comporta la piú varia mescolanza di ritmi: esiste l’endecasillabo. Questo, variamente combinato coi suoi sottomultipli, il settenario e il quinario, o, secondo la varia opportunità, con ritmi d’altra famiglia, rimane sempre, mi sembra, il migliore strumento per rendere la molteplicità ritmica dei cori.

  1. Vedi la prefazione al mio Pindaro, Odi e frammenti tradotti (Firenze, Olschki), pag. XXVI sg.