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ESCHILO 83

d’azione o, almeno, urto di volontà. Atossa e i signori Persiani ascoltano con profondo cordoglio il racconto delle sciagure provocate da Serse, ma non pensano ad opporglisi. Dario disapprova il figliuolo, ma non s’incontra con lui. Neanche esiste vera creazione di caratteri, anzi neppure aspirazione a caratterizzare. Sostanzialmente, la tragedia è una esposizione della lotta fra Greci e Persiani: epos assai piú che dramma. E la pittura della battaglia di Salamina è una delle pagine piú prodigiose che offra l’epica del mondo.

E la grandezza epica è chiusa in una linea piú ampia e possente. Se cerchiamo a fondo, noi moderni, anche piú che dal trionfo dei Greci sui Persiani, siamo colpiti in questa tragedia dalla evidente, incombente figurazione del crollo subitaneo d’una grande potenza dai sommi fastigi nella polvere.

Ora, non già che Eschilo avesse questa mira: la tendenza patriotica del dramma è innegabile. La questione è altra. Io mi richiamo ad una delle leggi fondamentali, già rilevate, della drammaturgia di Eschilo. In ciascuno dei soggetti che prende a svolgere, Eschilo cerca un nucleo etico, che poi, nella compiuta opera artistica, diviene come il centro lirico da cui irraggia la forza animatrice d’ogni parte della tragedia.

Ora, Eschilo non inventava i soggetti, bensí li accoglieva dalla tradizione, e senza alterarli. Se non che, non tutti offrivano abbastanza nitido quel contenuto etico. Sicchè la eccellenza di ogni singola tragedia dipendeva, in parte, dalla possibilità e dalla naturalezza di questa moralizzazione. Un po’ di stento si sente nelle Supplici.