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prefazione | xi |
simbolo? Non sappiamo. Ma se riguardiamo alla generica loro impronta grandiosa e pittoresca, e alla quantità di luoghi del testo onde Eschilo suggerisce tutti i particolari del quadro scenico1, facilmente collocheremo Eschilo fra i poeti di teatro che diedero grande importanza agli sfondi, elementi anch’essi, e quasi vivamente partecipi all’azione. Nessun dubbio che se egli vivesse ai nostri giorni, si servirebbe con gioia di tutte le macchine che noi possediamo per creare l’illusione scenica. Come fece Wagner, che nella sua drammaturgia tanto deriva da Eschilo. Me ne dispiace per quelle dottissime persone che si ostinano a immaginare tutte le azioni di Eschilo, e, dunque, anche il Prometeo, proiettato sullo sfondo anodino del palagio regale a tre porte.
E fin qui, nulla che distingua essenzialmente la drammaturgia d’Eschilo dalla moderna. Ora incominciano, invece, le divergenze profonde.
Allo squillo di tromba che annunziava il principio dello spettacolo, o subito dopo un breve monologo, si avanzava nella orchestra, lo spazio circolare tenuto sgombro fra la scena e gli attori, e in mezzo al quale fumigava l’ara di Diòniso, un corteo di persone che indossavano tutte il medesimo vestito. Era il coro. Elemento anch’esso costitutivo ed essenziale, non solo della costruzione drammatica, ma anche della parte spettacolosa. Era allestito con ogni cura. E nell’ideare l’azione scenica, il poeta o almeno, Eschilo, lo sceglieva tale, che suoi vestiti sú-
- ↑ Vedi Il Teatro Greco, pag. 58 sg.