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atto terzo. — sc. vi. 67

Sì falso creder: fratellevol, santa
Legge è....
Lodovica.1                    Poss’io?... Che fo?... d’eterne fiamme
Lui preda.... Eufemio?... Oh, non iniquo; illuso,
Ma retto ha il cor!
Eufemio.                                        Qual ti funesta arcano
Pensier? Largo sudor dalla tua fronte
Gronda: torva mi guati....
Lodovica.                                                  Empio, ti scosta:
Sacra al Signor sposa son io. La destra
Su questo vel uom non dè’ porger mai;
Chè di fiamme invisibili tessuto,
Incenerir può chi tant’osi. Indegna,
Si, lo vestii; ma da quel punto schiava
Son d’un geloso onnipossente spirto,
Che al tuo amore, alle tue cento falangi
Mi sottrarrà. Presaga parlo.... e t’amo....
E di non esser tua piango.... e tradisco
Indarno il mio dover. Non sarò tua
Mai, certezza n’ho in cor.
Eufemio.                                                  Donna, tu m’ami?
D’un Dio qualsiasi meco dunque affronta
L’ingiusto sdegno: ove ei ci abborra, a dritto
S’oltraggi: o fulmin non avrà, o congiunte
Cadranno almen le nostre audaci teste.
Lodovica. Ah, dubbio è il creder tuo....
Eufemio.                                                       Saldo è il volere.2
De’ sacerdoti a’ piè fede ti giuro:
Mia sposa sei.
Lodovica.                              Lassa, che ascolto?
Eufemio.3                                                                      E giuro
(Fido in ciò solo agli europei dettami)
Ch’unica del cor mio donna sarai,
De’ miei figli adorata unica madre.

  1. Tali parole la irritano: ella vorrebbe tosto punirne il reo, ma lo sdegno è combattuto dalla pietà.
  2. La prende risolutamente per mano, la conduce presso i sacerdoti e s'inginocchia dinanzi a lei.
  3. Inginocchiato.