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atto terzo. — sc. ii. 61

Non degenere prole! Or siegui.
Lodovica.                                                            Un lampo
Di sovrannatural luce la mente
Colpir sembrò del pastor santo. Appese
In voto (il sai) noi tempio hanvi le spoglie
Di quel feroce Mussulman, cui vinse,
Ah! un dì, campion del vero culto, Eufemio.
A quell’armi sacrate ecco s’avventa.
Pacomio: afferra questo stil, mel porge:
«Sposa di Dio tu sei (grida), gli oltraggi
» A te s’aspetta vendicar che un empio
» Muove allo sposo tuo.» Fuor del caduco
Mondo rapita io mi credea, nel coro
D’alti fulminei spiriti, intimanti
A me, debil mortal, cenno divino.
Senza lena.... smarrita.... io dell’eterna
Morte tremai. «Figlia! obbedisci,» il fero
Vecchio sclamò. «Si,» proferían le labbra,
Malgrado mio.... ma dalla man lo stile
Cadeami....1 Un gelo m’impietria.... Ritrarre
Volli, ma indarno, la promessa; chiuso
Da prepotente forza eran mie fauci.
Di liete grida echeggiò il tempio: innanzi
Mi si prostrar le mie dilette suore,
«Scelta da Dio, liberatrice santa»
Fervorose appellandomi: lo stesso
Pastor (oh indegna di tal gloria!) a’ piedi
Mi si gittò: «Non più figlia nomarti,
» Ma del popol di Dio madre convienmi.»
Così proruppe, e mi stringea le piante.
Teodoro.2Te del popol di Dio liberatrice,
Te onorar debbe il padre tuo.
Lodovica.                                                            Che fai?
Misera me!...3 Per la città il tremendo

  1. Raccapricciando lascia cader lo stile. Teodoro lo raccoglie.
  2. Colla più viva espressione d’entusiasmo cadendo ai piè di Lodovica.
  3. Lo alza, sta un momento nelle sue braccia, indi prosiegue il racconto.