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atto primo.—sc. II. 447

zione, facendo siepe ai fiumi con subitaneo scroscio che ne scagliò le acque per l’aere come nebbia, e fece trovare alle loro fonti un altro sbocco; — così, così nella sua vecchiaja accadde al monte Rosenberg. — Perchè non era io sotto esso?

Cacciatore. Amico! badate, un passo che facciate ancora può esservi fatale! per l’amore di colui che v’ha dato la vita, non rimanete su quel ciglione!

Manfredo (non udendolo). Quella sarebbe per me stata una tomba opportuna; le mie ossa allora in quella profondità avrebbero avuto quiete, non sarebbero allora state sparse sovra le rupi per trastullo dei venti — come così — così avverrà in questo precipizio. — Addio, spalancati cieli! non guardatemi così iratamente. — Non eravate fatti per me. — Terra! ricevi questi atomi! (Mentre Manfredo è in atto di balzare dalla rupe, il Cacciatore lo afferra.)

Cacciatore. Arresta, o folle! — quantunque stanco della tua vita, non macchiare le nostre pure valli col tuo colpevole sangue. — Via con me — non abbandonerò la mia preda.

Manfredo. La mia grave malattia è nel cuore; — no, non afferrarmi.— Io son tutto debolezza — le montagne girano intorno a me. — Mi s’offusca la vista. — Chi sei tu?

Cacciatore. Ti risponderò fra poco. — Via con me. — Le nubi s’addensano — là — ora appoggiati sopra me — poni qua il tuo piede — qui, prendi questo bastone, e attaccati un momento a questo arbusto — or dammi la mano, e tieniti stretto alla mia cintola — piano — bene — arriveremo alla capanna fra un’ora — vieni, troveremo presto una più sicura traccia, e qualche cosa di simile a un sentiero, segnato dal torrente fin dall’inverno. — Vieni, bravissimo. — Tu devi essere stato un cacciatore. — Seguimi. (Mentre discendono le rupi con difficoltà, la scena si chiude.)