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atto primo.—sc. i. | 443 |
volontà sarebbe di giovarti; pènsavi: non vi è altro dono che possiam farti il quale non sia spregevole a’ tuoi occhi?
Manfredo.-No, nessuno; ma fermatevi — un momento prima che ci separiamo. — Vorrei mirarvi faccia a faccia. Odo le vostre voci, grati e melanconici suoni, come la musica sopra lo acque, e veggio lo stabile aspetto d’una grande lucida stella, ma nulla più. Accostatevi a me quali siete, uno o tutti, nelle usate vostre forme.
Spirito. Non abbiamo altre forme che gli elementi di cui siamo l’intelligenza e il principio: ma scegli una forma — in quella appariremo.
Manfredo. Io non ho scelta: non v’è forma sulla terra, odiosa o bella per me. Colui che fra di voi è il più potente, prenda quell’aspetto sotto il quale può parer più gentile. Venga!
Il settimo Spirito (apparendo sotto forma di bellissima donna). Eccomi.
Manfredo. Oh Dio! se così è, se tu non sei un prestigio, una derisione, io potrei ancor essere l’uomo più felice. — Ti stringerò fra le mie braccia, e sarò di nuovo.... — (La figura svanisce.) Il cuore è lacerato! (Manfredo cade privo di sensi.)
(Si ode una voce nel seguente incantamento.)
Quando la luna è sull’onda e la lucciola nell’erba, quando la meteora è sulla tomba e il fuoco fatuo sulla palude, quando sono slanciate le stelle cadenti, e ululano alternamente i gufi, e le tacite foglie stanno immobili nell’ombra della collina, l’anima mia starà sovra la tua con un potere e con un segno.
Quantunque il tuo sonno sia profondo, il tuo spirito non dormirà; vi sono ombre che non si dileguano, vi sono pensieri che non puoi bandire; per una potenza a te incognita non ti sarà mai dato di essere solo; tu sei cinto come da un drappo funereo; tu sei ravvolto in una nube, e per sempre abiterai nello spirito di questo incantamento.
Quantunque tu non mi vegga passare, mi sentirai coll’occhio interno come una cosa che, sebbene non veduta, deve starti presso e ti è stata; e quando in quel secreto spavento avrai volto intorno a te la testa, ti maraviglierai ch’io non sia