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MANFREDO.
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ATTO PRIMO
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SCENA I.
La scena è una galleria gotica. - È mezzanotte.
MANFREDO solo.
La lampada ha bisogno d’essere riempita, ma né anche allora arderà quanto ho bisogno di vegliare. Il mio dormire — se pur m’addormento — non è sonno, ma la continuazione d’un tenace pensiero a cui non posso resistere. La veglia è nel mio cuore, e questi occhi non si chiudono che per guardare in esso: eppure io vivo, e porto l’aspetto e la forma degli uomini che respirano. Ma l’affanno dev’essere il maestro del savio; il sapere è dolore: coloro che più sanno, devono più profondamento affliggersi di quella fatal verità, che l’albero del sapere non è quello della vita. La filosofia e la scienza, le sorgenti della maraviglia e la saviezza del mondo, tutto ciò ho provato, e vi è nella mia monte un potere capace di assoggettare a lei tali cose. Ma esse a nulla giovano. Ho beneficato gli uomini, e fra gli uomini ho ritrovato anche il bene — ma questo a nulla giovò. Ho avuto nemici, e niuno m’ha deriso, molti sono caduti dinanzi a me — ma questo a nulla giovò. Il bene, il male, la vita, le facoltà, le passioni, tutto quel ch’io veggio negli altri enti, è stato per me come la pioggia per lo arene, da quella ineffabile ora in poi. Non temo, e sento che la maledizione non produce alcun naturale terrore, alcun palpito di speranza o di desiderio, nè occulto amore per nulla sovra la terra — Ma ora, all’opera mia! —
Misteriosa Potenza! Voi spiriti dell’illimitato universo, che