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422 tommaso moro.

Che ti colpia credetti, e mi turbai.
— Qual voce! — A questa volta una infelice
Urlaudo corre.
Voce di Margher.                               Rivederlo io voglio!’
Riveder voglio il genitore!


SCENA V.

MARGHERITA, invano trattenuta da una guardia, e detti.


Moro.                                                  Oh figlia!
Al sen del padre suo la derelitta
Sia lasciata un momento.
Margher.                                              Io m’inoltrai
Non veduta negli atrii, e per secreta
Scala salii. Felice me! Guidata
M’ha il Cielo in questo sale: io ti ritrovo.
Moro. Dove in mal punto, dove mai ti tragge
Il filïale amor? Questo funesto
Loco non sai qual sia. Vanne.
Margher.                                                        La stanza
È del giudizio, il so. Perchè seduti
Qui i giudici non veggo? Io tai portava
Qui disperate lagrime e tai preghi
Da intenerir qualsiasi petto.
Moro.                                                   Oh figlia!
Me le lagrime tue miseramente
Inteneriscon: sordo ogn’altro fòra
A’ tuoi singhiozzi. Vanne.
Margher.                                                   Avvincolata
Così vo’ stare al padre mio che niuno
A me il possa involar. Se tu sapessi
Quanto affannato ho per trovarti! Ingresso
Nuovamente aver prima entro la reggia
Cercai; m’intese la regina; a’ piedi
Della pietosa mi gettai. Si mosse
Al dolor mio; ma più vedermi Arrigo
Non consentì. Respinta io dalla reggia,