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400 tommaso moro.

E speme di salute indi io traea.
Or Dio mi pone in cor di quelle ambagi
Disdegno irresistibile; e pavento
Causa non sian di scandalo; ed anelo,
Più apertamente che nol feci mai
Confessar tutto il sentir mio.
Margher.                                                  Che parli?
Misera me! No, padre. I tuoi nemici
Altro appunto non braman, fuorchè trarli
A tai palesi detti onde la legge
Oltraggiata si dica, e su te possa
Suoi fulmini lanciar.
Moro.                                        Ciò che s’aspetti
A me dire o tacer, lascia che Dio
A me l’ispiri, o figlia. Or di tua madre
Deh! mi favella e de’ fratelli tuoi
E delle suore tue. Perchè venuti
Tutti all’amplesso mio teco non sono?
Margher.Egra dal duol sempre è la madre, e spesso
Il senno le si turba, e miserande
A te volge parole, e ti scongiura
Di non volerla uccider, di serbarti
Per lei, pe’ figli tuoi. Piangonle intorno
Le minori mie suore e i pargoletti;
E tutti il Ciel pel carcerato padre
Stancan di preci notte e dì. Famiglia
Più degna di pietà mai non fu vista!
Moro.Oh figli miei!
Margher.                         Di lacrime il tuo ciglio
S’empie, o misero padre. Ah sì! le versa
Su tanti strazïati ed innocenti
Cuori che t’aman! che di te han bisogno!
Che senza te viver non ponno! In tuo
Arbitrio stassi il consolar lor duolo,
Il dissipar quel nembo di sventura
Che spaventosamente or li ravvolge.
Placa l’ira del re. Modo ritrova,
Di non negargli i giuramenti imposti.