Me affidano altre forze, e son l’invitta
Roma ed il cor mio invitto.
Sefora. Erode, ascolta.
Io non mertava questi amari detti.
Pensa che da’ securi padiglioni
Mossi del padre per divider teco
Ogni rischio, ogni duol. Che può affidarmi?
Nulla m’affida; tutto, ahi, mi spaventa!
Dell’invitto tuo cor, di Roma ad onta,
Il trono tuo vacilla oggi: dimane
Roma il vendicherà; ma che, se intanto
Oggi tu cadi? che, se sdegni il senno
Rivolger tutto a sostenerti? Ah! voce
Questa ti par de’ miei gelosi affanni,
Ma è innegabile ver: chi la cagione
È d’odii tanti contro a te? Colei
Che grido universale espulsa chiede.
Da te la scosta, e scemano.
Erode. Scostarla
Fu mio divisamento, e l’avrei compio
Se il padre tuo, se i tuoi mille fautori
Novelle trame non movean. Rimanga.
Sefora.Che dici? Oh me delusa! Ah troppo presto
Dianzi del mio ritorno io giubbilava!
Tutto arrider pareva. Apparecchiato
Co’ suoi strali invisibili avea il cielo
D’Erodiade il partir; fra te e Giovanni
Eran detti di pace, e amistà quasi
Nascer tra voi sembrava: io fui raccolta
Da te con gratitudin, con aperta
Lode, con dolce emozïone, e dissi
Fra me stessa: «Ei non m’odia! ei mi riama!»
E ciò tosto sparì? Perderti affatto
Deggio di nuovo? esser da te abborrita?
Da Erodiado oltraggiata? Io nel tuo core
Generoso fidava; io avea sperato
Essere almen sottratta al vilipendio
Della nemica mia. Più inesorata