Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
300 | leoniero da dertona. |
Porgerla a te vogl’io. Breve stagione
Nemico fommi al padre tuo, sua colpa;
Ma il dì della vittoria io cercherollo
Sol per essergli scudo, e alla tremante
Figlia restituirlo. Allor tu premio
Non di viltà, ma di virtù sarai
Al fedel cavaliero.— E s’ella in odio
L’amor volgesse, e ad altro imen?...Che dico?
Fuggi, infernal pensiero.— Un solo istante,
Ubaldo, non lasciarmi. Un pronto messo
Sia disinganno al console e a Corrado;
E s’io mai vacillassi....
Ubaldo. Oh di qual foco
Ardii
Berengar. Di quel che in me raccese Auberto;
A ciò valgono, a ciò, gl’incliti esempi!
Odi; s’io vacillassi.... un giuramento,
Come Auberto, chiegg’io: svenami!
Ubaldo. Il giuro!1
SCENA III.
AUBERTO e GHIELMO.
Auberto.Fratel, pietoso testimon tu solo
Di quest’affanno sii. Quanto mi costa
Imperterrita altrui mostrar la fronte
Mentre il mio figlio uccido!
Ghielmo. Ancor di lui
Non disperar: valente pegno è troppo:
Vivo i felloni il serberan. Nè lenta
Si riedería Eloisa, ove ogni speme
Enzo tronca le avesse.
Auberto. Chi? Eloisa?
Figlia è di Leonier!
Ghielmo. Dell’infelice
Nuora sul labbro tuo sì amaro il nome?
- ↑ Veggono venire alcuno a partono.