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atto primo.—sc. iv. 279

Calcando avite, alla mia patria io resi.
Ma decoroso loco a indagin tanta
Questo non è. Deh, piacciati al palagio
Trar, laddove il più tenero de’figli
E di te degno dimostrarmi ambisco.
Leoniero.Decoroso è ogni loco, ove la causa
Di giustizia agitar. Se qui soverchia
La presenza è d’alcun, quella è del tuo,
Non del corteggio mio.
Eloisa.                                             Padre, deh frena
Il magnanimo sdegno! all’infelice
Genero pensa.
Leoniero.1                              Tu d’Auberto il figlio
Far potevi mio genero! e tal sangue
Mescolar che d’atroci odii e vendette
Nelle vene e sui ferri e sui sepolcri
Da secoli arde! — Inverecondia orrenda,
Che avria dovuto trar di sotto terra
Dell’avo tuo l’invendicato spettro
L’empie tede a smorzar! — Ma poichè il nodo
Malaugurato avvenne, e fratellanza
Ad Arrigo giurasti, il giuramento
Che franger può, se non maggior delitto?
Enzo.Ei primo il vincol franse.
Leoniero.                                             Ei t’è fratello.
E ove da violenza un fratel tuo
Oppresso geme, ospite andrò?
Enzo.                                                       Decreto
È del senato, che tra’ ferri il pone;
Sciorlo il consol non può. Duolo e vergogna
Ben de’ misfatti di colui mi punge,
Ma manifesti son. Contro al comando
Invïolabil del senato, ei nega
Ceder la rocca, e in nido di rubelle
Armi la volge.
Guidello.                              In te rientra, o figlio

  1. Ad Enzo.