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atto terzo. — sc. iii, iv, v, vi. | 239 |
Vaneggio? — Il guardo in volto a che m’affiggi?
Ermano aspetto; in pugno il brando porgli
Vo’contro te; vo’ che di qui te scacci,
O me fuggiasca seco tragga.... ovunque,
Pur ch’io più mai tal traditor non miri!
SCENA IV.
ARIBERTO.
Seguirla più non oso. Inorridisco..
Ah non è dubbio! amor, gelosa rabbia,
Non odio è quello.
SCENA V.
GABRIELLA E DETTO.
Gabriella. Ermano è giunto.
Ariberto. È giunto?
Gabriella. Si; ma che ti conturba?
Ariberto. In quest’istante
Al fratel presentarmi? — Odi. — Gismonda
Qui mi parlò. Se tu sapessi.... Insano
È l’intelletto suo: fuggila sempre;
Tutto da lei pavento!
SCENA VI.
IL CONTE, ERMANO, GISMONDA E DETTO.
Il Conte. Ecco Ariberto.
Non arretrarti, Erman. No, da mie braccia
Non ti potrai sottrarre: al fratel tuo
Ti voglio amico.
Ariberto.1 Mi respingi? Oh, farti
Dal genitor vuoi tu diverso? Appena
Ei mi rivide, in lui proruppe intero
L’antico amor. Gli scórsi anni d’angoscia
Cessò d’apporre a colpa mia. Non colpa
- ↑ Ad Ermano.